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   Chiesa ed ex Convento di S.Spirito
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Il convento di S. Spirito fu voluto da Melchiorre Guerriero, il quale, nel testamento redatto nel 1525, destinò duemila ducati all'opera. Quattro anni più tardi la bolla di fondazione del cenobio benedettino di clausura lo riporta in località Casalnuovo, dove sorse in adiacenza della parrocchia della Trinità che servì anche da cappella del convento e alla quale la sua vicenda edilizia fu da quel momento sempre collegata. Continue riparazioni si susseguirono nel corso del tempo, quando il terremoto del 1694, aggravando la situazione, fece sì che il convento «restò quasi inabitabile e spaventoso...». Il convento benedettino vide nel Settecento aumentare le difficoltà economiche; il patrimonio era, nel 1742, costituito quasi esclusivamente da oliveti e castagneti; la famiglia di monache in quest'epoca era la più numerosa fra quelle di Campagna essendo costituita da sedici religiose oltre a quattro educande. Alla metà del secolo XVIII il vescovo spirit.gifAnzani si dedicò risolutamente alla soluzione del problema. Mentre è ben documentata la sua attività per quanto riguarda la costruzione della chiesa, non rimane memoria nelle carte d'archivio di lavori eseguiti per suo volere all'interno del convento e ad ampliamento dello stesso. Sussistono però alcuni disegni, uno dei quali datato 1759, riguardanti il progetto del monastero. L'intero complesso riveste un discreto interesse architettonico, mentre accentuato è il suo fascino ambientale. La piccola ed erta salita che si conclude con il portale in pietra architravato e sormontato da più tarde decorazioni conserva intatta la sua aria appartata; l'insieme conventuale, con le sue alte mura, domina incontrastato il tessuto circostante. Oggi il disadorno prospetto meridionale affaccia sui nuovi edifici di vico III S. Spirito (con il quale confinava il convento) e via II Mercato a mezzogiorno, con via Normanni e via Mercato ad occidente. La chiesa della Trinità costituisce un esempio delle gravi conseguenze causate alle parrocchie del territorio campagnese dalla riunione di tutti i benefici in un unico cespite necessario alla dotazione della mensa vescovile. Le chiese più piccole esistenti nel casali sparsi nella fascia collinare rapidamente decaddero fino al punto da scomparire del tutto; fra le quattro raccolte nel centro urbano, la più trascurata risultò essere appunto la Trinità la quale non godeva del prestigio di S. Antonino, privilegiata dall'esistenza della colonna del santo e dall'essere di antichissima tradizione e devozione, né poteva essere paragonata a S. Bartolomeo, per sua fortuna annessa al convento dei domenicani. La chiesa fu inaugurata però, sotto il Ferri, succeduto all' Anzani nel 1770. La facciata rusticamente intonacata incombe, molto alta, sulla stretta stradina antistante ed è severamente modulata da lesene centrali, quasi a fascio, fiancheggianti il portale, ricollegate con successivi pianetti meno aggettanti alla parete di fondo, delimitata all'estremità da altre lesene. L'unica decorazione è affidata agli sporti dei cornicioni che seguono il movimento della parete di fondo ed al sinuoso ma pacato disegno dei due ordini di finestre. Il portale in piperno, sovrastato da stemma, è estremamente semplificato nelle strutture verticali; al di sopra della liscia trabeazione si inarca una lunetta sormontata da una cornice. La pianta ha un prevalente sviluppo longitudinale con inizio da un breve pronao interno, situato al livello dell'ingresso e perciò ad una quota più bassa di quella dell'invaso centrale, oltre il quale si protende l'abside di modesta profondità. Una parte del complesso conventuale ospita attualmente la Biblioteca Diocesana.